La quercetina, o quercitina, è un flavonoide contenuto in diversi frutti (mele, uva, olive, agrumi, frutti di bosco), ortaggi (pomodori, cipolle, broccoli, capperi), ma anche in tè e vino e in alcuni estratti erboristici.
È un bioflavonoide che, quando assunta con vitamina C, è ottima per rimediare al raffreddore comune oltre che essere in possesso di una importante un’azione antivirale contro la poliomielite, i reovirus, i virus Coxsackie e i rinovirus.
In natura, la si trova sottoforma di parte non zuccherina, nello specifico, negli estratti di gingko biloba, calendula, ippocastano, camomilla, levistico, biancospino, ed iperico.
Antinfiammatoria
I bioflavonoidi sono sostanze antinfiammatorie ad azione antispasmodica e immunomodulante, perfetti per dare vigore ai capillari e arginare il rischio d’influenza. Sono ottimi nel trattamento della fragilità capillare e sostengono l’organismo nel lenire le contusioni che si possono verificare negli sport da contatto, nelle persone predisposte agli ematomi e in quelle ipertese.
Contro i tumori: informiamoci bene
L’attività antitumorale dei composti fenolici è molto complicata e ancora poco esplorata nelle ricerche scientifiche.
Sicuramente, come anticipato, molti agiscono come antiossidanti che arginano l’azione dei radicali liberi che si originano durante i processi metabolici che avvengono nel nostro corpo.
In ogni modo, quel che sappiamo è che molti composti fenolici, come la quercitina e il resveratrolo, hanno mostrato alcune chiare proprietà antitumorali solo in vitro (in un laboratorio).
Contro il Covid19?
In base ad alcune ricerche, la quercitina sembrerebbe agire da inibitore specifico del SARS-CoV-2, in quanto limita l'attività di un enzima utile per lo sviluppo e la replicazione del nuovo coronavirus. Gli autori dello studio hanno notato che ha effetto destabilizzante sulla 3CLpro, proteina del virus necessaria per il suo sviluppo e il cui blocco sembra possa indebolire molto il Sars-CoV-2.
Purtroppo, però, non c’è la sicurezza di tutta la comunità scientifica su questi aspetti e, infatti, si sentono voci molto prudenti a riguardo che sottolineano quanto, anche in questo caso, quello dei ricercatori è un lavoro in vitro, non uno studio clinico.
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